news net

l'informazione dalla nostra rete

«Sono un dipendente pubblico coinvolto in un procedimento disciplinare: che cosa rischio?»

Che cosa rischia il dipendente pubblico «contrattualizzato» – sia esso comunale, regionale o statale – interessato da procedimento disciplinare? Per rispondere alla domanda è necessario analizzare la normativa  di riferimento, la quale si rinviene nel Testo Unico del Pubblico impiego (D. Lgs. 165/2001), all’articolo 54 e seguenti, oltre che nei contratti collettivi.

 

Sanzioni

 

Quanto alle sanzioni, la normativa prevede le seguenti:

  • Il richiamo verbale.
  • Il richiamo scritto.
  • La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, con tempistiche più o meno prolungate.
  • Il licenziamento, con o senza preavviso.

I contratti collettivi contemplano poi la multa, che si pone a livello intermedio tra il richiamo scritto e la sospensione.

Ovviamente, le sanzioni devono essere proporzionali alla gravità del fatto; i contratti collettivi si occupano di normare tale aspetto, ricollegando ciascun comportamento di rilievo disciplinare alla misura formalmente applicabile.

Tuttavia, la legge individua casi in cui la più grave conseguenza – quella del licenziamento – è disposta sempre e comunque. Si tratta della casistica di cui all’art. 55-quater T.U.P.I., nella quale rinveniamo, ad esempio, la falsa attestazione della presenza in servizio, le falsità documentali, la condanna penale che applichi l’interdizione perpetua dai pubblici e, ultimo ma non ultimo, l’insufficiente rendimento.

 

Come difendersi?

 

Posto che il regime giuridico imbastito dalle fonti poc’anzi individuate risulta potenzialmente molto afflittivo, il legislatore ha circondato il rapporto giuridico disciplinare di una serie di garanzie.

Anzitutto, il dipendente può esperire le proprie difese all’interno del procedimento. Per le sanzioni superiori al rimprovero verbale, la contestazione si ha con atto scritto ed il lavoratore è convocato, con un preavviso di almeno venti giorni, per l’audizione in contraddittorio a sua difesa. In tale sede, il dipendente potrà farsi assistere da un avvocato o da un sindacalista. È assicurata la presa di visione di tutta la documentazione posta a fondamento del procedimento.

In caso di inflizione della sanzione, al dipendente è poi garantita – ferma l’assistenza di un legale[1] – l’impugnazione del provvedimento innanzi al Giudice del lavoro territorialmente competente, il quale potrà – se del caso – rimodulare la sanzione o addirittura annullarla.

 

Dott. Matteo Milanesi

 

[1] Nel procedimento di impugnazione della sanzione disciplinare, la parte non può mai stare in giudizio personalmente, anche quando il provvedimento sia di lieve entità. «In tal caso infatti viene in discussione l’esistenza di un diritto non già limitato alle conseguenze economiche bensì esteso a riflessi ulteriori (recidiva, graduazione di successive sanzioni, impedimenti a progressioni di carriera) i quali – non essendo quantificabili – rendono la causa di valore indeterminabile (Cass. 6696-1981; 1220-1983). Ne discende l’inapplicabilità della regola che consente alla parte di stabilire in giudizio personalmente, mancando il presupposto del valore non superiore a L. 250.000 (art. 417 c.p.c.) […].» (Cass., sent. 3385/1986).