
ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO E ACCESSO DOCUMENTALE
Il Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 1117 del 2 febbraio 2024, ha stabilito quali sono i presupposti dell’accesso civico generalizzato ed il rapporto con l’accesso documentale.
In sintesi, la vicenda trae origine dal diniego opposto da un Comune ad una istanza di accesso agli atti (prima formulata ai sensi della L. n. 241 del 1990 e poi ai sensi del D.Lgs. n. 33 del 2013 e del TUEL, nelle forme dell’accesso civico generalizzato e del cd. “accesso popolare”) nell’ambito del procedimento di riqualificazione di un edificio storico (oggi una scuola elementare), in parte finanziato dal Ministero dell’Interno. Detto diniego veniva impugnato innanzia al T.A.R., che accoglieva il ricorso e condannava il Comune il quale promuoveva appello innanzi al Consiglio di Stato.
Secondo il Consiglio di Stato, l’accesso civico generalizzato consente a chiunque di ottenere l’ostensione agli atti senza la previa dimostrazione di un interesse concreto ed attuale con riferimento a situazioni giuridiche rilevanti e, altresì, senza alcun obbligo di motivazione.
La pronuncia che ne occupa conferma che l’accesso civico generalizzato trova il proprio fondamento oltre che a livello costituzionale (art. 1, 2, 97 e 117) e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (ex art. 42), anche nell’art. 10 CEDU “<…> in quanto la libertà di espressione include la libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di legge” (cfr. Cons. Stato, n. 1117/2024).
Il rapporto tra accesso civico generalizzato e accesso documentale non deve essere inteso nel senso che l’uno escluda l’altro, ma nel senso di inclusione, completamento, finalizzato all’integrazione dei diversi regimi in modo che sia assicurata e garantita, pur nella diversità dei regimi, la tutela preferenziale dell’interesse coinvolto che rifugge da sé dalla segregazione assoluta per materia delle singole discipline.
La regola della generale accessibilità è temperata dalle eccezioni previste e poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di determinate informazioni.
La pronuncia in esame, ribadisce che le eccezioni all’eccesso civico generalizzato sono quelle indicate all’art. 5 bis del d.lgs. n. 33 del 2013, le quali sono state classificate in eccezioni assolute ed eccezioni relative: le Pubbliche Amministrazioni devono (nel primo caso) e possono (nel secondo) rifiutare l’accesso.
Nel caso delle eccezioni relative, nelle Linee guida Anac, adottate con deliberazione n. 1309 del 28 dicembre 2016 è stato chiarito che il legislatore rinvia ad una attività valutativa che deve essere effettuata dalle Amministrazioni con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanti validi interessi presi in considerazione dall’ordinamento.
L’Amministrazione deve pertanto verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se l’ostensione degli atti possa comunque determinare un pericolo di concreto pregiudizio agli interessi indicati dal Legislatore.
Infine, il Consiglio di Stato nella sentenza che ne occupa, aderendo al consolidato orientamento giurisprudenziale amministrativo, ha ritenuto inammissibile la motivazione postuma ad opera della pubblica amministrazione, specie quando avviene per il tramite degli scritti difensivi (ex plurimis, Cons. di Stato n.1629/2014; n.4770/2014; n. 2247/2014; n. 1808/2013).
Avv. Elena Mortelliti